Neve, nebbia e neve (José K, torturado) di Javier Ortiz, tradotto dallo spagnolo da Marta Graziani

Titolo traduzione:

Neve, nebbia e neve

Titolo originale

José K, torturado

Autore

Javier Ortiz

Anno e luogo di scrittura

Spagna, 2004

Lingua originale:

Spagnolo

Tradotto da :

Marta Graziani – Laureata in Lingue e Letterature Straniere (Spagnolo), con una tesi di laurea sul monologo teatrale La sombra del Tenorio di José Luis Alonso de Santos, si forma in Italia e in Spagna. Si specializza in traduzione letteraria, collabora con diversi agenti teatrali italiani e fa parte del gruppo di traduttori I Dragomanni, con cui pubblica opere spagnole e argentine contemporanee. Alcuni autori tradotti: José Luis Alonso de Santos, Jaime Salom, Norberto Luis Romero, Raúl Hernández Garrido,  Javier Ortiz y Paco Bezerra.

Oltre a tradurre narrativa e teatro, si dedica all’insegnamento della lingua spagnola.

Anno di traduzione:

2014

Contatto per i diritti:

Marta Graziani <martagrax@gmail.com>

Referenze della prima pubblicazione e rappresentazione:

Opera originale pubblicata da Atrapasueños editorial nel 2010. Pubblicazione dell’opera tradotta in italiano in formato digitale (ebook) nel 2015. Esclusiva diritti di traduzione, edizione e  sfruttamento economico: Marta Graziani.

Prima rappresentazione: 7 ottobre 2011. Produzione: Studio Teatro-Sandra Toral. Festival Temporada Alta, Girona.

Struttura

monologo

Personaggi

1 personaggio (m)

Biografia dell’autore

Javier Ortiz (San Sebastián, 1948- Madrid, 2009) è stato giornalista, critico e redattore per vari periodici spagnoli (Liberación; El Mundo), oltre che autore di saggi. Per il suo impegno antifranchista, è stato imprigionato per due anni e torturato. Nel 2002, fu nominato direttore della collezione Foca, per il gruppo editoriale Akal e collaborò con Ràdio Quatre (Catalogna).

Breve riassunto dell’opera:

José K. è stato arrestato. Si tratta di un terrorista. É solo una questione di tempo. Una bomba sta per esplodere. Bisogna forzarlo a confessare dove si trova l’ordigno prima che sia troppo tardi. José K. è un veterano. Non sarà facile. Bisogna ottenere le informazioni, qualunque siano i mezzi.

Da questa “necessità” scaturisce il monologo del personaggio, i suoi argomenti, una riflessione sull’accettabilità o meno della tortura come male minore.

Brano della traduzione :

[Buio completo. Delicate iniziano a sentirsi le note di A Vava Inu Va. La musica cresce a poco a poco. Nel grande schermo posto sul fondale del palcoscenico, con caratteri bianchi su fondo nero, si legge il testo della canzone:

Fuori, la neve abita la notte.

L’esilio del sole ha risvegliato le nostre paure

E i nostri sogni.

Dentro, una voce rotta,

la stessa che da secoli,

da millenni,

la voce della madre delle nostre madri,

crea per noi lo stesso mondo meraviglioso

che cullò gli antenati

dai tempi più lontani.

Il tempo si è fermato.

Il canto scaccia la paura:

dà calore agli uomini

che cercano il calore del fuoco.

Lo stesso ritmo tesse la lana per i nostri corpi

e la favola per i nostri cuori.

Così è stato da sempre.

Ma le ultime serate, morendo,

sembravano volersi portar via gli ultimi ritmi.

Rimarremo orfani di quelle, di quelli?

Schieriamoci al fianco di chi,

abitante del ritmo immemorabile e di ora,

dei versi fedeli e belli,

tiene ancor viva per noi

con gli strumenti più moderni

la più antica meraviglia.

Invano, fuori la neve abita la notte.

Nuovo silenzio. Un riflettore illumina José K. Ha inizio il suo monologo.]

Il mio nome è José. Il cognome non importa. Mi chiamano José K.

Sono José K e sono stato torturato.

È arrivato un poliziotto idiota, grosso come un armadio, e mi ha detto:

«Bastardo, te ne daremo talmente tante che non la potrai raccontare».

Che stupidaggine. Ma se è già stato raccontato tutto.

E tutti l’abbiamo sentito.

Tutti tranne lui, a quanto pare.

Magari si credeva che dopo così tanti anni non so i rischi che corro, e che non sono preparato ad affrontarli. Ho fatto decine di corsi per sapere esattamente come bisogna tenere testa agli interrogatori. So perché ti dicono e ti fanno ogni singola cosa che ti dicono e ogni singola cosa che ti fanno. È come una partita a scacchi: se loro scelgono un certo attacco, tu rispondi con una certa difesa. È tutto previsto. Finché procede la partita. Solo il finale non lo è. Dipende da chi ragiona meglio. E da chi mantiene i nervi più saldi.

Sapevo fin troppo bene che, se mi avessero catturato, sarebbero ricorsi alla tortura per farmi dire in che punto avevo piazzato la bomba. Sapevo che all’inizio sarei stato in mano a degli inesperti che avrebbero cominciato a urlarmi contro, a cercare di spaventarmi; ma presto avrebbero capito che sono un veterano, e che un veterano non si lascia spaventare da quattro strilli e un paio di minacce. E sapevo che poi avrebbero iniziato a picchiarmi. Un’altra cazzata tipica dei novellini.

Ma ci cascano sempre: ti picchiano per rabbia, senza accorgersi che dopo una ventina di pugni non senti più niente. Il corpo reagisce e diventi immune al dolore. Ti fa male il giorno dopo, quando i muscoli si raffreddano, ma sul momento fa lo stesso: vedi la scena ma ti sembra di non farne parte, ti sembra di galleggiare. Ci sono già passato da giovane. Mi ha fatto più male il medico che ha curato le ferite che i poliziotti che mi avevano picchiato. Quel medico da quattro soldi era talmente nervoso che, mentre mi metteva i punti, la mano ha cominciato a tremargli e mi ha conficcato l’ago nella mascella. Cazzo, è stato terribile. Anche se all’epoca ero un moccioso, avevo retto proprio bene alle mazzate dei poliziotti ma quando quell’animale mi ha piantato l’ago nell’osso sono svenuto. In realtà ho finito per guadagnarci: addio coscienza, addio sofferenza.

Ora la Polizia funziona meglio. C’è gente più preparata. Si vede che i capi hanno frequentato delle buone scuole. Questi qua saranno passati da quella degli americani a Panama, o dalla nuova scuola di Miami. E da quella israeliana, suppongo.

Versione originale della pagina sul sito della Maison d’Europe et d’Orient